Bombe e grotte in un’oasi di pace: Il Collegio Internazionale dell’Ordine dei Minimi
La luce di un tiepido pomeriggio di febbraio illumina il viale alberato che conduce al campo di calcio nella parte inferiore del parco. Tra i rami degli alberi saltellano uccelli delle specie più varie. Hanno trovato un rifugio perfetto in questo giardino di 29.000 metri quadrati che ospita il Collegio Internazionale dell’Ordine dei Minimi su Viale dell’Umanesimo, a Roma. Fuggiti dalla caotica città che incombe a pochi passi, qui si possono trovare pappagalli verdi, picchi, gabbiani, civette, upupe. E Taccole.
“Sono un vero problema: oltre a danneggiare l’orto attaccano anche gli altri animali, come i ricci” – mi spiega Fra’ Francesco, che mi sta accompagnando alla scoperta del parco. Seminascoste dai rovi che inesorabili ne hanno quasi impedita l’entrata, qui si trovano infatti delle grotte scavate nel tufo dagli operai che costruivano l’EUR, il quartiere che avrebbe dovuto ospitare l’Expo romana. Destinato ai giardini degli edifici limitrofi, il materiale fu estratto scavando non solo un’enorme cava che è diventata poi un rettangolo perfetto per i tornei di pallone, ma anche un complesso di grotte tutte collegate fra loro. La luce della torcia rivela un pilastro di cemento armato: sopra alla volta della caverna si trova infatti un edificio costruito negli anni ‘60. Ed è proprio nei primi anni ’60 che si colloca il ritrovamento delle bombe in questo vasto spiazzo.
Trasportata dalla brezza pomeridiana, per un attimo la mente lascia i platani, le mimose e i pini marittimi che da questo vivaio dell’Eur venivano fatti crescere per essere poi trasportati altrove, e corre agli anni ’30, quando in questo stesso luogo gli operai picconavano blocchi di tufo sotto il sole cocente della campagna romana.
Rientrati nel Collegio, dopo aver visitato la biblioteca, incontriamo Padre Ottavio, Custos Memoriae di quanto accaduto negli anni in cui qui attorno venivano costruiti i primi palazzi della parte occidentale dell’EUR. “All’epoca il campo non era grande come è adesso, così solo in pochi potevano partecipare al torneo di calcetto; per ovviare a ciò si decise di allargare il campo”. Fu una delle prime picconate nel terreno ad aprire un vaso di Pandora ancora pieno di mistero: il rumore metallico era quello di una bomba nascosta nel terreno. A mettere in sicurezza il campo furono gli artificieri che trovarono decine di ordigni. Tornarono negli anni ’80, chiamati da Padre Ottavio preoccupato da una collinetta che sembrava troppo artificiale. Ma in quella occasione non trovarono nulla. La prudenza però non è mai troppa. Soprattutto perché ancora oggi rimangono molti passaggi oscuri nella vicenda: quale esercitò sotterrò qui le bombe? Era forse un deposito? Il luogo, una decina di metri più in basso rispetto alla strada e vicino a delle grotte, deporrebbe per questa ipotesi. Ma gli ordigni non erano accatastati in un solo punto come si conviene ad un magazzino. Di certo sappiamo solo che la zona, dopo l’armistizio dell’8 settembre, fu teatro di scontri tra Italiani e Tedeschi e che poi gli Alleati si insediarono nell’odierna città militare della Cecchignola, a meno di un chilometro di distanza. Comunque sia, nessun esercito passò più qui vicino e gli ordigni furono dimenticati. Fino agli anni ’60. È una vicenda, questa, che resta ancora aperta, e su cui il Laboratorio dei Cento ritornerà sicuramente. A noi posteri quindi il compito di risolvere il mistero; le fronde dei pini marittimi non nascondono solo volatili che cercano riparo dalla città, ma ancora segreti da svelare.
Di Gabriele Rizzi