Ville, torri, bonifiche e operai: storia di un quartiere di Esuli
“…quando il tempo è bello, quella campagna morta e muta si copre d’un’immensa dolcezza e assume un colorito mirabile…”. E se lo dice un poeta del calibro di Gabriele D’Annunzio, c’è da credergli. Ma da allora, di acqua ne è passata sotto Ponte Buttero, tant’è che fiume e ponte hanno lasciato spazio alle macchine di quella via Laurentina che Laurentina però non è mai stata. Benvenuti al Quartiere Giuliano Dalmata, quartiere di esuli giunti qui alla fine della Seconda Guerra Mondiale dalle terre dell’Istria e della Dalmazia e riparati nel quartiere operaio del costruendo EUR.
Ma se la loro è una storia ormai conosciuta, legata alla Giornata del Ricordo appena passata, la vera domanda è “Chi c’era prima di loro?”. A dare una risposta è Giorgio Marsan, organizzatore dell’incontro del 2 febbraio dal titolo omonimo e tra i membri fondatori di Gentes, l’Associazione di Quartiere nata nel 2006. È lui a raccontare la storia di una zona che affonda le sue radici nelle paludi e negli acquitrini della campagna romana. Un territorio che però sarebbe diventata malarico solo in tempi recenti. I resti di ville, cisterne, cunicoli e sarcofagi romani testimoniano infatti il passato rurale di una campagna che dopo aver ospitato quelli che Livio chiama gli “Aborigines” – i futuri Latini, stanziati nell’abitato dell’Acqua Acetosa, forse l’antica Tellenae – sperimentò la pax romana, un vero e proprio periodo aureo per il futuro quartiere. Più tardi sarebbe stata la vicinanza dell’Abbazia delle Tre Fontane a fare la fortuna del territorio, che da feudo passò di ordine religioso in ordine religioso. E mentre in Europa venivano decantate le epopee dei vari Artù e Orlando, anche nel futuro Quartiere Giuliano Dalmata il Medioevo fu sinonimo di torri e Cavalieri; secoli prima di Whatsapp gli allarmi erano infatti trasmessi dalle varie Tor Pagnotta, Torre della Cecchignola, Torre Archetta Tor de Cenci e Tor Brunori che, in comunicazione fra loro tramite fuochi e segnali di fumo, assicuravano la protezione agli abitanti della zona. In questo periodo il territorio fu persino governato dai Cavalieri Templari che lo barattarono per il Circeo. Ma se a questi uomini è spesso legato un alone di mistero, il vero tesoro per la zona sarebbero stati le migliaia di eucalipti piantati più avanti dai frati Trappisti, alberi che riuscirono a drenare i numerosi acquitrini che si erano formati nelle valli; e quando la zona fu scelta per costruire la futura Esposizione Universale, il villaggio operaio fu costruito su di una collina alla cui base correva il Fosso di Ponte Buttero. Ma Roma non avrebbe mai avuto la sua Expo e dopo l’8 settembre del ’43 gli stessi edifici di marmo diventarono un campo di battaglia durante la Seconda Guerra Mondiale. Alla fine del conflitto, quello stesso villaggio operaio, che nelle intenzioni dei suoi costruttori sarebbe dovuto divenire un residence, fu invece il rifugio perfetto per gli esuli venuti dal Nord. Attorno alla via principale sarebbero stati costruiti altri palazzi, e poi altri ancora. Era nato il Quartiere Giuliano Dalmata.
Raggiunto a margine della conferenza dal Laboratorio dei Cento, Giorgio Marsan rivela che molto altro ancora c’è da scoprire; sono ancora accessibili ancora i cunicoli romani trovati nei pressi della Centrale Elettrica? E i vari sarcofagi trovati nella zona? Nella settimana appena passata poi, la sua associazione è stata molto impegnata a motivo del settantenario del Trattato di Pace firmato il 10 febbraio del 1947, il quale ha determinato la perdita dell’Istria e della Dalmazia, cui è seguito l’esilio delle popolazioni italiane che le abitavano. Sono state molte le iniziative in tal senso, come l’incontro con i rappresentanti del Consiglio Municipale, la visita del Presidente della Regione, Zingaretti, la deposizione delle Corone d’alloro e la quarta edizione della Corsa del Ricordo. Dopo aver ringraziato ancora l’autore della Conferenza per il suo magistrale lavoro, lasciamo il locale per catapultarci in una notte fredda di febbraio. Le stelle illuminano una via che ha visto passare antichi Romani, Bizantini, Cavalieri e truppe straniere. La Storia è transitata sulla Via Laurentina. E poco importa se questo è stato il suo nome solo dal XVI secolo.
Di Gabriele Rizzi