Frutta, verdura e ville romane, ovvero storia antica e toponimi di Spinaceto, Mostacciano e Torrino
In vino veritas dicevano i nostri antenati Romani. Un detto che si rivela vero almeno per quanto riguarda il quartiere di Mostacciano, toponimo medievale legato proprio al vino, più precisamente al mosto, che qui si lavorava. Non è però un caso isolato: dobbiamo, infatti, guardare alle verdure che venivano coltivate nella zona anche per chiarire l’origine del nome del centro abitato limitrofo, Spinaceto.
Sin dall’antichità, difatti, e non solo dal Medioevo – quando si formo la maggior parte di questi toponimi– questa area di Roma Sud era votata all’agricoltura. Non è un caso che, non troppo distante da qui, l’imperatore Nerva avesse i suoi horti e i suoi granai (da cui il nome di un noto centro commerciale di zona). Coltivazioni, storia antica e moderna si intrecciano, quindi, lungo l’ansa sinistra del Tevere compresa tra i fossi di Acqua Acetosa e Malafede. Le prospicienti alture sulle quali oggi si sono sviluppati i quartieri del Torrino, di Mostacciano e Spinaceto rappresentavano infatti un luogo strategico già per gli antichi Romani, essendo quest’area a metà strada tra l’abitato di Tellenae (Acqua Acetosa Ostiense) – di cui Il Laboratorio dei Cento ¬si è occupato la scorsa settimana – e quello di Ficana (Acilia).
È sempre, poi, grazie ai Romani e alla solidità delle loro costruzioni che possiamo spiegare l’ultimo toponimo; difatti è proprio sui resti di una cisterna che faceva parte di una villa romana del periodo augusteo (sita nei pressi dell’odierno incrocio tra Via di Decima e via Ostiense) che fu costruita la torre che ha dato il nome al Torrino. Molte di queste costruzioni medievali sorsero infatti su precedenti edifici romani; ne è ulteriore esempio la torre che si trovava su Via dell’Esercito, anch’essa eretta su una precedente cisterna. Il ritrovamento più interessante della zona è tuttavia quello delle due tombe a camera – a circa 450 metri dai ruderi della torre – databili all’ultimo quarto del VII secolo, scavate nel tufo lungo un pendio e comunicanti grazie ad un unico corridoio di accesso. La presenza di sepolcri, che presentano più camere interne, va forse riferita, secondo gli studiosi, a nuclei familiari residenti nell’area del Torrino, la cui comunità di appartenenza doveva essere però quella di Laurentino-Acqua Acetosa. Le due località erano infatti molto probabilmente collegate da un tracciato stradale, che non era però l’unico presente nella zona: questa era servita da importanti assi viari, quali l’Ostiense e la Laurentina (odierna Pontina), lungo i quali si svilupparono alcuni insediamenti, come testimoniano i ritrovamenti di tombe ipogee e alla cappuccina (con una copertura a tetto spiovente) ai margini delle strade portate alla luce. Vicina al porto di Ostia, importantissimo centro di scambio, la zona vide accrescere la propria importanza con l’età imperiale, durante la quale le stesse ville romane furono costruite su precedenti capanne e costruzioni databili al VII e VI secolo a.C.; esse furono infatti spianate per lasciare spazio a canalizzazioni ad uso agricolo.
Testimonianze queste, che rivelano ancora una volta come queste zone ora periferiche rispetto al centro città, erano in realtà ben inserite e connesse alla realtà di Roma. Un territorio quindi abitato e percorso continuativamente sin dagli albori della Storia fino ad oggi non solo da uomini: durante la costruzione del quartiere sono state infatti trovate persino ossa di elefanti risalenti al Paleolitico Inferiore.
Di Gabriele Rizzi