Roma, duemila anni fa una casa bruciava tra le fiamme… L’incendio di due millenni fa ci restituisce una perla unica della Roma imperiale
Doveva fare caldo come in questi giorni, a Roma, duemila anni fa.
Il sole illuminava la capitale dell’impero dall’alto del monte Celio e brillava sui tetti delle case.
Ci sarà stato chi accorreva al mercato, chi si recava a pregare. Ci sarà stato chi si godeva lunghe passeggiate sotto i portici delle basiliche e chi, invece, preferiva intrattenersi sulle sponde del Fiume Sacro. Ci sarà stato chi correva negli stadi, ci sarà stato chi si allenava in altre attività. Ci sarà stato chi, dopo gli allenamenti, poteva riposarsi con un rilassante bagno alle terme.
Ci sarà stato, però, chi non se la passava così bene. Qualcuno scappava dalla propria villa affondata tra le fiamme di un incendio. Fuggiva lasciando ogni singolo interno dell’abitazione al proprio posto. Ogni tavolo, ogni ligneo mobile giaceva, inconsapevole delle fiamme che lo avrebbero avvolto. Il verso di un cagnolino spaventato si ripercuoteva con il suo eco tra le mura dell’abitacolo mentre il fuoco ricopriva tutto, mentre il capo famiglia, probabilmente un ufficiale della milizia, abbandonava tutto, lasciando a noi, duemila e trecento anni più tardi, Il compito e l’onore di sistemare le sorti della sua casa.
È caldo il pomeriggio di lunedì 26 giugno quando, dai cantieri della terza metropolitana di Roma, sotto la fermata di San Giovanni in via dell’Amba Aradam, all’ombra del sacro monte Celio, emergono i resti di alcune pareti di legno, cornici di lignei pezzi di mobilio domestico risalenti ai tempi della Roma imperiale.
Zampe di alcune sedie, tavole del solario, pezzi carbonizzati di grandi banchi. Reperti non completamente consumati che, come eroi, sono rimasti in piedi sopravvivendo all’incendio.
Su quello che sarebbe dovuto essere il pavimento spicca un mosaico dalle decorazioni floreali in bianco e nero.
Davanti la porta, lo scheletro di un cagnolino, accucciato, intrappolato tra le fiamme nel suo ultimo gesto vitale.
Data la difficile condizione di conservazione dei materiali ed il fenomenale evento di un disastro naturale capace di immobilizzare il tempo in un particolare ed immediato frangente, spiega la Soprintendenza speciale di Roma, si può parlare di un unicum e subito ci si paragona ad una mini-Pompei.
45 anni fa usciva nelle sale il film “Roma” ed il suo regista, il maestro Fellini, aveva previsto tutto ciò: il ritrovamento di bellissimi affreschi e mosaici durante gli scavi della metropolitana.
C’è una sola, sostanziale, differenza tra il film e ciò che che è successo realmente. Se sul grande schermo la sorte dei mosaici era quella di deteriorarsi fino a sparire, non appena a contatto con il sole, il mosaico, i mobili, i reperti trovati in queste ultime ore risaltano come riflessi luminosi.
Riflessi di questa grande perla luminosa che è Roma, che sotto alti strati di terra, dopo lunghi periodi temporali, continua a brillare e continuerà a farlo ancora.
Di Gabriele Pattumelli