Il Centro Aurora rischia lo sfratto, l’A.C.A.P.E: “Ci opporremo con tutte le nostre forze”

Il 31 agosto scorso, il Centro Sociale Aurora nel quartiere di Decima ha ricevuto un’ingiunzione di sfratto dal Comune di Roma: dieci giorni per presentare eventuali opposizioni, trenta giorni per sgomberare il locale. Nessuna possibilità di contrattare il prezzo d’affitto, nessun preavviso. Il centro, oltre a essere promotore di eventi culturali, previsti numerosi per quest’autunno, è anche sede delle riunioni del Comitato di Quartiere Torrino Sud-Decima. Una risorsa importante per il quartiere da oltre quarant’anni, quindi, a cui l’A.C.A.P.E. (Associazione Culturale Amici del Parco Emilio), che lo ha in gestione dal 2001, non è disposta a rinunciare per un mero vizio di forma.
L’A.C.A.P.E., infatti, afferma di essere stata dichiarata a torto occupante senza titolo dell’edificio da quando l’altra organizzazione facente parte della Federazione delle Associazioni di Decima Torrino, originaria intestataria del contratto, si è sciolta, lasciando formalmente l’A.C.A.P.E. come unico socio. La realtà che si cela dietro al Centro Aurora, però, è assai più complessa e molte associazioni che beneficiano degli spazi della struttura, tra cui Decima 50, il GAS Torrino Decima e, naturalmente, il Comitato di Quartiere sono attivamente coinvolte nelle sue iniziative. Oltretutto, l’associazione sostiene che la Federazione, in conformità allo statuto vigente, è ancora legittima assegnataria del Centro e che i canoni d’affitto sono sempre stati pagati regolarmente a suo nome. Inoltre, ritiene che sia inevitabile che sorga qualche perplessità se si pensa che il contratto è stato rinnovato l’ultima volta nel 2012. Come se non bastasse, l’A.C.A.P.E. sospetta (e si appresterà a verificarlo) che il Centro sia ancora formalmente proprietà dell’Ater, che nel 2004 lo concesse in gestione gratuita al Comune, che a sua volta glielo diede in affitto: il Campidoglio non avrebbe, dunque, il diritto di richiedere lo sfratto.
L’associazione dichiara di aver deciso di avvalersi della tutela di un avvocato e di aver presentato un’opposizione, dati i tempi strettissimi, il 7 settembre scorso, unica data disponibile in base agli orari di apertura dell’ufficio preposto. I provvedimenti? Ancora da discutere, ma sicuramente saranno adottati energicamente e in tempi brevi attraverso una via legale e democratica.
Sfortunatamente, questo è solo l’ultimo capitolo di una storia che ha visto nell’ultimo anno lo sgombero coatto di alcuni CSOA di riferimento nella Capitale, tra cui il Rialto Sant’Ambrogio al Ghetto e il Centro Culturale Elsa Morante nella zona del Laurentino 38 il giugno scorso, per motivi economici o a causa della difettosa macchina burocratica dell’Urbe.
I CSOA (Centri Sociali Occupati Autogestiti) sono ambienti fertili per la creatività e l’espressione artistica in tutte le sue forme, fondati sulla condivisione e il confronto dei cittadini che ne usufruiscono. Sono luoghi in cui è possibile, con la partecipazione di tutti, condurre (e forse vincere) importanti battaglie civili e politiche nell’interesse comune. Nei CSOA diverse associazioni che operano sul territorio collaborano per riqualificare zone urbane ed edifici abbandonati in uno stato di degrado.
Spetta ai cittadini, quindi, armati di coscienza civica, lottare affinché queste risorse non vengano sottratte alla comunità.

Di Camilla Montalto

Redazione

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