I fiumi dell’Eur, parte I

Il viandante guardò il cielo rosato: l’imbrunire era ormai vicino. Spaventato dall’idea di passare la notte all’aperto, cambiò repentinamente passo, accelerando vistosamente. Ma ecco, all’improvviso, un rumore familiare; all’altezza di viale dell’Aeronautica, l’insperato gorgogliare del fiumiciattolo gli segnalò che mancava ormai poco alla sua destinazione, l’osteria di Tor di Valle. Sollevato, si concesse un attimo di riposo; davanti a lui, illuminata dal sole ormai basso sull’orizzonte, si profilava una ripida salita… Fantastoria? Ucronia? O semplicemente narrazione storica? Amanti delle parole crociate e degli enigmi settimanali, non avrete bisogno, almeno per questa volta, di aspettare l’ultima pagina per conoscere la risposta; si tratta infatti di un fatto verosimilmente accaduto e quindi, di narrazione storica. Ispirata a fatti che probabilmente sono avvenuti neanche poi troppo tempo fa. Fino ai primi dell’Ottocento, invero, dove ora sorge la Città di Marmo, non vi erano che alture ed acquitrini. Ma se questa è una storia che probabilmente avete già sentito – della serie “Qui una volta era tutta campagna” – vi stupirà sapere che sull’area del vostro quartiere insistevano ben cinque fiumiciattoli, i cui affluenti – che sarebbe più corretto chiamare “rigagnoli” o “marrane” come si usa a Roma – lambivano probabilmente il terreno dove ora sorge casa vostra. Ma andiamo con ordine.
Così come Roma è sorta sui sette colli, nel suo piccolo anche l’Eur è nato su di una serie di alture, alcune delle quali hanno ricevuto una denominazione storica; si hanno così il “monte della Pozzolana” (corrispondente alla montagnola prospicente il laghetto dell’Eur e sulla cui sommità sorge il Palalottomatica), opposto al rilievo che corre da piazzale Shuman a via Tupini, il “Castellaccio (che comprende l’area che va da via Jachino a via Camus) e il “Montorio” (la cui parte settentrionale ospita le case di via Copenaghen mentre quella meridionale è invece sede di un parco). Proprio quest’ultima collina, in base ai rilievi compiuti da un team composto da membri della Soprintendenza e del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Roma “La Sapienza”, dovrebbe essere stata l’ansa del Tevere che 3/4000 anni fa inondava la zona dove ora si trovano via Calcutta e viale dell’Oceano Indiano. Ma tutta l’area, con le sue alture alle cui basi si estendevano ampie valli, vedeva un’ampia rete idrografica. Rete, che faceva capo all’unico fosso ancora esistente, il “Fosso di Vallerano”, che si getta nel Tevere all’altezza di Tor di Valle.
Il nostro ipotetico viandante, seguendo quella che oggi è chiamata via Laurentina, avrebbe oltrepassato invece il fosso della Cecchignola all’altezza di piazzale Douhet, proprio all’inizio di viale dell’Aeronautica. Questo fiume, che dà oggi il nome ad un’area verde di zona, aveva appena aumentato la propria portata, inglobando le acque di due affluenti di cui il primo seguiva il percorso dell’odierna via di Vigna murata, mentre l’altro scendeva dalle pendici dell’altura su cui sorge oggi il quartiere Giuliano Dalmata.
Ma questo è solo uno dei cinque rivoli che bagnavano il nostro territorio… Appuntamento con il nostro viandante tra sette giorni per conoscere il resto dei fiumi – nascosti – dell’Eur!

Gabriele Rizzi

Classe 1996, maturità classica, Laureato in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali, giornalista pubblicista. Mi interesso soprattutto di storia antica e recente, con particolare riferimento a quella del quadrante Sud di Roma, spesso ignorato ma ricco di tesori e di storie nascoste.

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