Storia segreta di un cippo

Là dove si ammassano le foglie. Là dove corrono, protette, le formiche. Là, insomma, dove non cascano mai gli occhi. Lungo i bordi dei muri, in basso, seminascosti. È lì che li si può trovare. Qual è la loro storia e perché si trovano lì, visibilmente fuori posto? È da queste domande che inizia l’indagine di Giovanni R. e Livio R., residenti del quartiere EUR. O meglio, è da uno sguardo caduto su di un semplice quanto misterioso piccolo parallelepipedo di travertino, largo non più di quindici centimetri, posto al margine di un condominio di via delle Montagne Rocciose. 
Completamente diverso dal resto del muretto di confine del condominio, un poco sporgente e di travertino bianco. Sul lato rivolto al marciapiede, un’enigmatica scritta: EVR. Niente più.

Un cippo di confine, forse. “Ma perché così lontano dalla Laurentina, che segna il limite del “Pentagono”?” – raccontano al Laboratorio dei Cento. Qualcos’altro poi sembrava non tornare: non era così che era conosciuta l’area destinata originariamente all’Esposizione del 1942. 

La denominazione originaria era infatti E42. Il nome con cui è conosciuto attualmente il quartiere venne solamente negli anni ’60. E non è neppure quello esatto. Ufficialmente, infatti, l’area è registrata come “Quartiere Europa”. Un nome però che in pochi utilizzano. Per tutti questo è e sarà sempre l’EUR. Come inciso sul travertino della stele, appunto. 
A gettare nuova luce sul mistero del cippo è il “ritrovamento” di un’altra piccola pietra di confine, tra viale dell’Arte e viale Africa. Ancora più lontana dai limiti del quartiere. “A quel punto era chiaro che non si trattava di un modo per marcare le sue estremità”. 

Sono proprio le affinità con il primo ceppo, però, a far capire la funzione che questo aveva in passato. Anch’esso, infatti, risulta semicoperto da una colata di asfalto successiva ed è posto tra i diversi blocchi di tufo che delimitano un giardino condominiale. Si fa spazio quindi una teoria, confermata dalle vecchie planimetrie del quartiere e dagli altri ceppi che, adesso, come in una caccia al tesoro, appaiono a occhi più attenti. 

Ma non sono solo questi a tornare dall’oblio. Nelle carte topografiche degli anni ’50 e ’60 si possono notare anche i nomi delle cooperative che acquistarono i lotti su cui furono poi costruiti i palazzi che oggi possiamo vedere nel quartiere. E quando esso non era che un’area di campagna percorsa da strade sterrate, era proprio a delimitare i terreni delle diverse associazioni di militari, insegnanti o lavoratori, che servivano quei cippi di confine, poi inglobati dalle costruzioni successive. Costruzioni di quelle cooperative dai nomi altisonanti, che tradiscono le probabili origini comuni degli associati, si rifanno a racconti popolari e citano motti latini.

Nomi provenienti da un passato ormai quasi dimenticato ma che nascondono più storie, racconti di vita dei primi “pionieri” di questo quartiere, narrazioni che, come i cippi dell’EUR, abbiamo il dovere di non lasciare dimenticate. Perché come questi, seppure sconosciute ai più, possono regalare sorprese inaspettate.

Di Gabriele Rizzi

Gabriele Rizzi

Classe 1996, maturità classica, Laureato in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali, giornalista pubblicista. Mi interesso soprattutto di storia antica e recente, con particolare riferimento a quella del quadrante Sud di Roma, spesso ignorato ma ricco di tesori e di storie nascoste.

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