Un fiume e la sua città: Tor di Valle e Magliana
Il viaggio lungo il Tevere da una parte all’altra del GRA si potrebbe in realtà descrivere, meno prosaicamente, come il viaggio dal Depuratore Sud al Depuratore Nord. In effetti, risalendo il fiume, uno dei primi incontri che si puó fare con la realtà urbana è proprio quello con il complesso di Tor di Valle che racchiude il depuratore, appunto, ed una centrale termoelettrica. Le due infrastrutture sono gestite da ACEA, che ha rinnovato la centrale due anni fa.Guardando dall’alto del satellite, oltre al complesso, si potrà poi notare come l’ansa del Tevere detta di “Tor di Valle” sia oggi quasi chiusa ai più da confini naturali e artificiali: da una parte il Tevere ad ovest ed il Fosso di Vallerano a nord, dall’altra la Via Ostiense, che chiude l’area (quasi completamente) dal ponte di Mezzocammino all’antico ponte Romano. Viene così definita la trentanovesima zona dell’Agro romano, un’ansa del Tevere che in questi ultimi anni è stata al centro dell’attenzione dei media per via della questione “Stadio della Roma”. Attualmente, però, nessun centro sportivo moderno vi è costruito; rimangono, tuttavia, le vecchie strutture dell’Ippodromo di Tor di Valle, i cui fasti sono ormai lontani nel tempo. Tra i campi dell’area, testimoni di un passato lontano, si possono, però, ancora notare le insegne retrò a ricordo degli anni ’60, quando l’ippodromo, appena inaugurato, vedeva il suo periodo di massimo slendore.
L’ansa opposta a quella di Tor di Valle, invece, è legata soprattutto a tre fiumiciattoli (ormai quasi interamente convogliati in tubi sotterranei o asciutti): il Rio Affogalasino, che dá il nome all’ansa opposta a quella di Tor di Valle, il Fosso di Papa Leone ed il Fosso della Magliana. A quelli che oggi immaginiamo come piccoli ruscelletti, è legata però la storia di Magliana e di Roma. In epoca preromana, infatti, la riva di Tor di Valle era sotto il controllo dei Latini, mentre quella maglianense era soggetta agli Etruschi. Il loro territorio era soprattuto noto per la presenza di “sette pagi” (επτα παγοι), ovvero di sette villaggi, che sarebbero andati perduti nel corso della storia; non sappiamo molto di questi abitati (poche notizie ci arrivano da Plutarco e Dionigi di Alicarnasso) ma possiamo supporre che si trovassero in corrispondenza di quei fiumiciattoli oggi interrati ma in passato dotati di un alveo più ampio ed adatto al trasporto di piccole imbarcazioni trainate da terra. Il Rio Affogalasino, ad esempio, poteva condurre dei natanti trainati da bestie da soma fino alle pendici del Gianicolo (c’è chi afferma che proprio da questa pratica venga il nome del rivolo, ma non mancano altre interpretazioni). Ancora all’inizio del Novecento, infatti, quelli che adesso immaginiamo come piccoli ruscelli erano ancora presenti ed avevano una loro rilevanza nella geografia della zona: piccoli villaggi e porticcioli continuavano ad essere presenti sulle loro rive.
I fiumiciattoli, però, sarebbero spariti di lì a poco, asciugati o interrati da una città che avanzava sempre più impetuosamente. Sarebbe quindi scomparsa anche l’ultima frontiera romana, fatta di collinette, rigagnoli e avvallamenti paludosi: il tipico paesaggio di quella Roma delle origini. A rimanere, sempre il Tevere che, privato di molti suoi affluenti o deviato nel suo corso, continua a scorrere silenzioso tra le vicende e le epoche dell’Urbe.
I puntata: Dove tutto inizia: Mezzocammino