Un fiume e la sua città: l’ansa del Torrino
Erano molti gli affluenti del Tevere che gli antichi abitanti del Lazio avrebbero incontrato risalendo il fiume; come abbiamo giá detto però, quanto rimane oggi di questi é solo, in alcuni casi, lo scarico di acque ormai convogliate in tubi sotterranei. A fare eccezione é il Fosso di Vallerano, che sfocia nel Tevere dopo una lunga traversata a cielo aperto attraverso la campagna romana prima e diversi quartieri di Roma Sud poi. Arricchendosi via via delle acque di diversi affluenti, il “Rio” scorre tra anni di storia romana a geologica; lungo via di Decima, accanto alla quale continua ad avanzare imperterrito, sono stati, infatti, rinvenuti degli antichi argini costruiti per contenere quello che per i nostri antenati romani non era proprio un “fiumiciattolo”. A provare ció, il monumentale ponte che lo attraversa nei pressi della sua immissione nel Tevere: il “Ponte di Vallerano” é, infatti, un’opera di pregevole bellezza, a tre campate e risalente al II secolo a.C., quando, nella zona, erano molte le ville e gli insediamenti agricoli.
Molto tempo prima di Cesare e Co., però, il corso del Fosso di Vallerano era diverso, così come lo era quello del Tevere, che tra i 3000 ed i 4000 anni fa devió dal suo percorso originario per andare a descrivere un’imponente ansa che aveva il suo limite nella collina “del Sic”, il cosiddetto “Montorio“. Lo ha provato uno studio dell’Università “La Sapienza” di Roma e della Soprintendenza romana, che insieme, basandosi sugli scavi archeologici e sui rilevamenti geologici nella zona, hanno anche ipotizzato la presenza di un ampio fiume nell’area e nell’epoca presa in esame. Tra 4000 e 3000 anni fa quindi, questa riva del Tevere presentava una complicata idrografia: tre larghi corsi d’acqua, il Fosso della Cecchignola, il Rio Vallerano ed un terzo fiume oggi scomparso, si incrociavano a ridosso di un Tevere più avanzato. Il risultato era una valle paludosa tra cui svettavano tre colline periodicamente isolate dalle esondazioni dei corsi d’acqua: il Castellaccio (nell’area dell’odierno centro commerciale “Euroma2”), il Montorio (dove oggi le case intorno a Via Copenaghen) ed il Monte della Pozzolana (sulla cui cima si trova oggi il Palasport). Più tardi i Romani avrebbero addolcito questo luogo, correggendo i corsi dei fiumi anche al fine di sfruttarli per le molte coltivazioni dell’area. Tracce di insediamenti agricoli sono stati infatti trovate a ridosso del Tevere; nella sola area compresa tra il GRA, Viale Oceano Indiano e Via Cristoforo Colombo, sono emerse tracce di cinque ville romane, oltre ad una tomba a camera e ad altri sepolcri.
Innumerevoli sorprese si rivelano quindi lungo le anse del biondo fiume, anche in luoghi dove solo recentemente gli uomini sono tornati ad abitare, ma che giá migliaia di anni fa ospitavano insediamenti di uomini e donne le cui vite, in un modo o nell’altro, sono state toccate dal Tevere. Nel prossimo articolo, avanzando verso il centro storico, ci fermeremo lungo le due anse di Magliana e dell’Eur, due quartieri uniti da un ponte e da migliaia di anni di storia.
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