Le estati a Ponte Buttero: uno stagno a Laurentina
Quando le cicale frinivano feroci e il sole alto nel cielo rendeva rovente anche il risposo sotto un pino, c’era qualcosa che i ragazzi del Villaggio Giuliano amavano fare: buttarsi nello stagno di Ponte Buttero.
Le estati allo stagno
Lì, una chiusa allagava tutta la piana circostante, formando un trampolino per quanti si arrischiavano a tuffarsi, mentre tutt’attorno le pareti di terra formavano degli spalti naturali per chi, invece, preferiva non bagnarsi o per chi preferiva asciugarsi al sole generoso.
Erano estati passate senza cellulari né Instagram, ma spese all’avventura tra i monumenti di quella città fantasma che città non era mai stata, l’Esposizione Universale 1942, l’EUR.
Quei luoghi sono ancora lì, ma sepolti sotto il cemento che intanto ha cambiato il panorama o riposti negli angoli della memoria di chi, nel Villaggio Giuliano Dalmata, ancora ricorda.
A tanti, invece, il nome “Ponte Buttero” non dice niente. Troppo lontano nel tempo, troppo disperso nell’allora campagna romana. Il Fosso di Ponte Buttero, però, sarebbe stato fondamentale per il futuro EUR: basti pensare, infatti, al nome con cui era (ed è) conosciuto il percorso a monte del suddetto ponte: Fosso della Cecchignola. È questo ad alimentare le acque del Laghetto dell’EUR, realizzato nella valle in cui una volta scorreva il fiumiciattolo, all’epoca conosciuta come Le Cavalle, forse dal nome degli animali che vi ci pascolavano.
Già durante la Seconda guerra mondiale, quando nelle viscere del terreno di questa parte di campagna romana erano sorti i tunnel della futura stazione metro “Laurentina”, i ragazzi della Garbatella qui si recavano per passare i pomeriggi estivi, tuffandosi nel laghetto che si formava dove oggi vi è il terminal degli autobus della stazione. Lo ricorda Oreste Ricci, in un articolo del sito “Cara Garbatella”:
Era chiamato “Ponte Buttero” quel fosso, che grazie ad una chiusa oltre a formare un trampolino formava un laghetto.
Verso il mondo di oggi
Nel dopoguerra, a monte dello stagno, verso nord, sarebbe sorto il Villaggio Giuliano, espandendosi a partire dal Villaggio Operaio; più a valle, gli sterri necessari alla realizzazione della sottostazione elettrica ACEA, avevano riportato alla luce un cunicolo di 25 metri scavato nel tufo e tre sarcofagi romani, di cui due sono oggi conservati al Museo Nazionale Romano.
Il mondo stava cambiando, ma un piccolo ricordo di quelle estati sarebbe rimasto ancora un po’: lo stagno se ne sarebbe andato agli inizi degli anni ’50, e in quel luogo sarebbe sorta la stazione Metro Laurentina.
E Ponte Buttero?
Dell’ origine di Ponte Buttero, invece, la memoria si perde nelle notti dei tempi: sorgeva all’inizio di Viale dell’Aeronautica, ma probabilmente sostituiva uno già esistente in epoca romana, che consentiva il passaggio della via che oggi prende il nome di Laurentina (ma che allora portava ad Ardea): il sito doveva essere importante o ameno, a giudicare dalla bellezza dei sarcofagi ritrovati nell’area. Per quanto riguarda il ponte, invece, non sappiamo se fosse ligneo o di travertino, come quello sito sulla Via Ostiense e ancora oggi visibile.
Il toponimo, secondo Thomas Ashby, deriverebbe da “boscoso“, poi corrotto in “pons bussole“, così come è ricordato nella bolla di Sergio III del 905; sarebbe poi divenuto “ponte di Butri” nella Mappa di Eufrosino della Volpaia del 1547 e, infine, “ponte Buttero” nella mappa del 1693 di Giacomo Filippo Ameti.
Possiamo, però, suggerire che il nome “bussole” potrebbe altresì essere una corruzione di bustum, il luogo dove veniva posta l’urna in seguito alla cremazione. In effetti, i diversi sarcofagi ritrovati nell’area proverebbero una tale destinazione.
Ritornando alle mappe rinascimentali, se nella mappa di Eufrosino il Ponte Buttero è citato accanto al Ponte della Valca, situato lungo il percorso della Via Laurentina originaria, e al Ponte dell’Arca (il Ponte sull’Ostiense), curiosamente, in quella successiva di quest’ultimo non vi è menzione.
Col tempo, quindi, “Ponte Buttero” andò a descrivere più una località che solamente un ponte: e mentre cambiavano i nomi delle tenute, questo rimaneva sempre lo stesso. Nelle mappe ottocentesche, Ponte Buttero segnava il confine tra la Tenuta di Pisciamosto e quella delle Tre Fontane, mentre nella mappa dell’IGM del 1894, queste erano state sostituite da una “Riserva del Fenilone” (da cui Via del Fenilone, oggi Via Francesco de Suppé).
Forse, fu proprio il nome “ponte buttero” a ispirare il nome della vicina località “Le cavalle“: il buttero, infatti, non è altro che il pastore a cavallo dell’Agro Pontino. Nel 1800, in effetti,, la bonifica compiuta dal convento delle Tre Fontane, avrebbe dato nuova linfa ad un territorio precedentemente acquitrinoso e paludoso e sarebbero sorte anche diverse stazioni agricole.
Poi, quando venne deciso che la zona avrebbe dovuto ospitare l’Esposizione Universale e si progettò la metro, Ponte Buttero doveva perfino diventare il nome della fermata, come si evince da questa mappa del 1941.
Tuttavia, con la costruzione del complesso Ovest dell’EUR e il rifacimento della Laurentina, il ponte sarebbe divenuto inutile, il fosso interrato e il toponimo sarebbe finito del dimenticatoio: scompariva così un pezzo di storia dell’Agro romano, rimasto sulle carte per più di 1000 anni.
Oggi, passando sulla Laurentina, nulla più rimane di quei tempi, dello stagno luogo di ritrovo dei ragazzi, o del misterioso ponte utilizzato già dai romani. Chissà, però, che un giorno, scavando, non riemerga qualche vestigia di un tempo ormai andato, che ci aiuti a capire qualcosa di più sul ponte scomparso. E che, magari, ci riveli un piccolo momento di spensieratezza estiva.