4,7 milioni di ragioni per ascoltarli: i giovani e il voto
Sono quasi cinque milioni. Un numero sufficiente per ribaltare tutti i pronostici elettorali. Nuovi profili cercano di raggiungerli su Instagram e TikTok, ma la caccia al loro voto è destinata a rimanere infruttuosa. A pochi giorni dal voto, infatti, la grande maggioranza dei giovani non ha ancora deciso chi votare.
Non si dica che non si informino. Certo, non lo fanno secondo criteri che i “boomers” – la generazione dei loro genitori – riterrebbero adatti, ovvero sui giornali; si confrontano, invece, su Instagram e sui social, aiutati anche da numerose pagine che riportano in breve i programmi dei partiti. Meno “politicizzati” di chi ha già diverse elezioni alle spalle, leggono i programmi elettorali cercando le proposte loro dedicate sotto la voce “Giovani”, spesso non trovando quelle che ritengono soluzioni adeguate ai problemi del Paese, a cominciare dalla questione ambientale, che ritengono emblema di una politica che non pensa al domani.
Dopo essere scesa in piazza con Greta Thunberg, la “generazione Z” (i nati dopo il 1995) si dichiara quindi per lo più indecisa sul decidere a chi dare il voto. E se Milena Gabanelli sul Corriere afferma che i giovani sono la fascia d’etá che meno andrà a votare, Skuola.net pubblica un sondaggio per il quale il 74% di loro si recherà alle urne domenica, ben oltre quella che potrebbe essere la media nazionale di partecipazione al voto. La verità, forse, sta nel mezzo: di fronte alle domande “Sai già chi votare?” e “Ti senti rappresentato?“, una larghissima maggioranza dichiara di non sapere ancora chi voterà proprio perché non si sente rappresentata da nessuno.
“Sentono di vivere in una società che sembra sempre sul punto di rottura ma che alla fine rimane sempre identica a sé stessa e la guardano divisi sullo sperare in un nuovo inizio che li veda protagonisti, il decidere per un impegno politico-sociale o l’arrendersi alla disillusione”
Nuovi cittadini in cerca di un nuovo volto, vacillano di fronte ai vecchi partiti disegnati sulla scheda elettorale. Sanno che presto gli toccherà sgomitare in un Paese che tanto promette loro quando si va al voto, ma poco dà quando dovrebbe, tanto meno lo spazio che vanno cercando. Sanno che dovranno pagare i conti (in rosso) lasciati scoperti sull’ambiente, sulle pensioni e sul debito pubblico e sanno di avere ancora poca voce in capitolo per dire la loro.
Sentono di vivere in una società che sembra sempre sul punto di rottura ma che alla fine rimane sempre identica a sé stessa e la guardano divisi sullo sperare in un nuovo inizio che li veda protagonisti, il decidere per un impegno politico-sociale o l’arrendersi alla disillusione. Disillusione, però, che non è rassegnazione. Sanno anche che prima o poi toccherà a loro e hanno le idee chiare su quali saranno le priorità; tra quelle che non figurano nella campagna elettorale 2022, segnalano, ad esempio, oltre a proposte efficaci sull’ambiente, una mancata attenzione ai temi della scuola e dell’università, dell’energia, dei rapporti internazionali, della cybersecurity e della tutela del diritto del lavoro.
Scorrono i feed, si alternano i manifesti, passano gli autobus carichi di promesse elettorali: si avvicinano i giorni del voto. “Bisognerebbe dare al voto dei giovani un doppio peso: così la politica inizierebbe a guardare di più al futuro” – leggo su una lettera al Corriere. Proposta interessante, dirompente. Sento dire spesso che i giovani dovrebbero tornare ad impegnarsi in prima persona; d’altra parte, sento anche dire che dovrebbe essere lasciato più spazio alle nuove generazioni. La verità, forse, è ancora una volta nel mezzo: i giovani non possono fare a meno di chi ha più esperienza di loro, ma dovrebbe essere loro accordata una possibilità, anche a rischio di qualche errore. Come diceva quel vecchio detto, anche sbagliando si impara. Ora, però, devo andare a farmi un’idea su chi votare. In fondo, anch’io sono nato dopo il 1995.
Gabriele Rizzi
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