La necropoli di Decima: dal Baltico all’Egitto
Mentre attraverso la campagna, gli uccelli fischiettano placidi, ignari dei preziosi nascosti sotto le loro zampe innocenti. Qui, sotto i miei piedi, si trova una delle aree archeologiche più interessanti di Roma Sud.
Oggi l’area occupata dalla necropoli protostorica di quella che è stata identificata come la città perduta di Politorium è attraversata da due strade, via Clarice Tartufari e via Pontina. Duemilasettecento anni fa, però, il sito doveva essere molto vasto, occupando l’intero pianoro che fronteggia l’abitato di Castel di Decima: ad oggi, l’area esplorata ha una larghezza di circa 60 metri nella sua massima estensione ed una lunghezza di più di un chilometro, ma si pensa che questa sia solamente una piccola parte del tutto.
Furono gli scavi effettuati nel 1971 a portare alla luce la necropoli insieme ad un abitato protostorico. In realtà, già ad inizio secolo era stato individuato un tumulo funerario di 30 metri di diametro, talmente imponente da far deviare il tracciato dell’antica via Laurentina, la moderna Pontina.
L’abitato e la necropoli dovevano essere collegati da una strada che terminava nel punto dove sono state rinvenute le prime tombe, la parte centrale del pianoro. Le prime inumazioni sono databili al VIII secolo a.C, ma a queste seguirono altre sepolture, poste a distanza e a gruppi, fino al VI secolo. In alcuni casi, attorno ad una tomba più antica furono successivamente scavate altre sepolture.
Come in tutte le altre necropoli laziali dello stesso periodo, i bambini non vennero tumulati nella “città dei morti”, ma all’interno dell’abitato, per cui gli archeologi hanno rinvenuto solamente sepolture di adulti. Le sepolture sono in maggioranza rivolte col il volto verso nord-est, tranne alcune in cui sembra non esservi stata una vera e propria deposizione: forse, in questi casi, il morto era andato contro le “leggi” della città.
I più appassionati di storia vichinga, poi, potranno notare come le sepolture dei guerrieri latini fossero molto simili a quelle degli antichi eroi norreni: la tomba 21 è, infatti, quella di un uomo sepolto dentro un tronco con sopra tre scudi, un pettorale di bronzo, una fibula d’argento e due spade. E se non bastasse questo ad esaltare gli appassionati di Vikings, è un particolare a rilanciare l’analogia col mondo baltico: il fodero delle spade, intarsiato d’ambra. Non è un caso isolato: sono molti sono poi gli oggetti intarsiati d’ambra ed in pasta vitrea, ritrovati per lo più in tombe femminili, tanto da far pensare alla presenza di una classe “nobiliare” già dall’ottavo secolo a.C. Un prezioso ricamo si può trovare ad esempio nella tomba 101, dove perlina a pasta vitrea sono alternate a centinaia di sferette d’ambra. Un altro oggetto degno di nota è il pettorale a lamina d’oro con decorazioni zoomorfe e geometriche, oltre a vaghi d’ambra triangolari. Nella stessa sepoltura sono state rinvenute fibule con tessere d’ambra, la cui pregevole fattura non ha eguali nelle tombe coeve del Lazio e dell’Etruria. Gli studi hanno confermato la provenienza baltica dell’ambra: ciò significa che quasi tremila anni fa, il territorio romano era già incredibilmente connesso con le realtà nordeuropee.
Inoltre, sono in corso altri studi per accertare la possibile origine extraitalica (forse fenicia?) di una coppa bronzea. Ancora, sono state ritrovati perfino scarabei “egittizanti” e pendagli di vetro di importazione orientale. In generale, infatti, i corredi funebri femminili presentano gioielli come il fermatrecce d’oro, gioielli in ambra, bronzo, argento e oro, mentre quelli maschili lance, spade, fibule e cinture.
Uno dei ritrovamenti più interessanti, però, è quello del summenzionato tumulo: un re? Un famoso guerriero? Nel prossimo articolo cercheremo di capire di più su uno dei misteri più intriganti della necropoli di Decima.